La rivoluzione sessuale degli anni ’70

Pubblicato il 16 Aprile 2023 da Veronica Baker

…ma la passione spesso conduce
a soddisfare le proprie voglie
senza indagare se il concupito
ha il cuore libero oppure ha moglie…

Fabrizio De Andrè


La rivoluzione sessuale degli anni ’70

Negli anni ’60 i giovani e le giovani iniziarono con Rita Pavone a rivendicare il diritto a provare passione per i coetanei di sesso opposto, ballando, stretti stretti, corpo contro corpo, il ballo del mattone, un qualcosa di diverso dall’amore inteso come fidanzamento che porta al matrimonio che, solo dopo quell’atto, si consuma, secondo la morale italiana ancora vigente negli anni Sessanta.

Inevitabilmente il passo successivo era il bisogno di soddisfare le proprie “voglie”, come già aveva ai tempi raccontato Fabrizio De Andrè.



La pratica, per passione, di relazioni sessuali contribuirono a far emergere la richesta di rapporti erotici soddisfacenti, appaganti, finalizzati alla piena realizzazione del piacere.

In realtà la rivendicazione di una maggiore autonomia dalla famiglia e dal proprio partner nel campo delle relazioni sessuali era già iniziata negli anni ’60, determinando una situazione nella quale le donne prendevano coscienza di essere un “soggetto” autonomo, con proprie esigenze, richieste, problematiche.

La rivoluzione sessuale degli anni '70
Inevitabilmente veniva ampiamente trattato dalle riviste che si pubblicavano nei primi anni ’70…

Di conseguenza il sesso, l’educazione sessuale attraverso la scoperta anatomica ed erotica dei corpi (maschili e femminili) diventava uno dei temi richiesti dagli studenti alle scuole, ed inevitabilmente veniva ampiamente trattato dalle riviste che si pubblicavano nei primi anni ’70.

Nel 1972 uscì per la prima volta nelle edicole l’edizione italiana di “Playboy“, che si definiva mensile di “divulgazione sessuologica”.

Alla coppia giovane, sposata o no, faceva riferimento la rivista “Duepiù“, che in quegli anni conosceva un vero e proprio boom di vendite e che dispensava consigli sui contraccettivi, sui problemi (e soprattutto su come risolverli…) che potevano sorgere nel rapporto di coppia e su come praticare il sesso.

Il settimanale giovanile musicale “Ciao 2001” nella rubrica “Caro Psic” dedicava pagine ad insegnare agli adolescenti lettori la differenza tra “petting leggero” e “petting pesante”.

Il tema del privato, del corpo, del rapporto con quello degli altri era uno degli argomenti dominanti delle lettere che migliaia di giovani scrivevano in quegli anni su riviste appartenenti ad aree culturali più disparate, da “Famiglia Cristiana” al mensile femminista “Effe” e tantissimi altri rotocalchi femminili assai diffusi in quel periodo come “Gioia”, “Confidenze”, “Amica”, “Annabella”, “Grazia”, dove era testimoniato l’avvio di un processo di scoperta e di pratica erotica e sessuale.

Naturalmente non mancavano gli immancabili inserti pubblicitari, dove le lettrici e i lettori venivano sommersi da messaggi sull’opportunità, sulla necessità, sul diritto e sul dovere ad una vita erotica e ad un piacere sessuale completo.

In realtà questa scoperta, questa rivendicazione, ancora si contrapponeva sia a profondi sensi di colpa, sia al limite “su cosa fosse lecito o meno fare col proprio corpo e col proprio partner”, risultato di una morale comportamentale cattolica profondamente radicata nel paese, e che ancora oggi, passati più 50 anni da quel periodo, presenta ancora pesanti strascichi.

Da questo punto di vista erano davvero interessanti le lettere inviate in quegli anni a “Famiglia Cristiana” da giovani cattolici che molto spesso ponevano problemi etici e morali.

Era peccato baciarsi, praticare il petting o avere rapporti sessuali prima del matrimonio ?
E nell’ambito di esso quali erano i limiti alla pratica sessuale ?
Quali i rapporti leciti (naturali ?) e illeciti (innaturali ?)

Molti di quelli che scrivevano raccontavano (o confessavano) di aver praticato sesso col proprio partner, senza essere ancora sposati, altri si chiedevano se avessero peccato praticando l’autoerotismo.

Questi elementi erano indicatori di un percorso in atto che partendo dalla scoperta del proprio corpo, inteso come sede di bisogni, desideri, oppressioni subite, contribuiva ad iniziare a  far maturare una coscienza nuova.


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