Pubblicato il 16 Agosto 2009 da Veronica Baker
Gioco dei re o gioco dei frustrati ?
Mi auguro che, nonostante i contenuti – impietosi ma veritieri – eventuali commenti possano essere improntati sulla lealtà e sulla costruttività, e non i soliti insulti (riportare il mio nome e cognome su altri blog privati con epiteti certamente non piacevoli pare essere prassi comune in un certo ambiente, mentre qua – tanto per dirne una – non vengono mai fatti nomi e cognomi), mugugni e silenzi.
Qui c’è tutto quello che spiega (almeno, a nostro parere) perchè molti giocatori smettono, ed i praticanti soprattutto non crescono (al di là delle cifre abilmente “ritoccate”).
Aggiungo inoltre una cosa : questa è – purtroppo – l’immagine che il mondo esterno dei non praticanti ha di noi.
Parlando con la gente comune, che magari nulla sa del nostro ambiente, il ritratto che ne è venuto fuori è proprio questo.
[…]Chi predilige gli articoli zuccherosi e trionfalistici, nello stile tipico di molte riviste scacchistiche e siti web, quali ad esempio : “tutto va bene madama la marchesa…nuovi giovani campioni spuntano all’orizzonte…gens una sumus…norma di questo o quello nel torneo vattelapesca…”, allora farà bene a passare oltre, a smettere di leggere quello che c’è scritto qui.
Perché quella che si descrive qui è l’immagine dettagliata dell’ambiente scacchistico italiano (anche se non esclusivamente italiano), ed è la spietata elencazione dei motivi per cui, nonostante molti cerchino in ogni modo di far credere il contrario gettando – come si suol dire – lo sporco sotto il tappeto, non vi siano speranze – stando così le cose – che il numero degli scacchisti praticanti salga significativamente, e gli scacchi passino da sport di serie Z almeno a sport di serie E, o F.
A differenza di altri sport (come ad esempio nuoto, pallavolo, atletica leggera), dove il numero di praticanti si è davvero moltiplicato nel corso dei decenni, dagli anni ’60 a oggi, non vi è alcuna speranza che ciò accada per gli scacchi.
E se anche nell’immediato futuro vi sarà – come assai probabile – una crescita di giocatori di alto livello (IM o GM), non cambierà nulla, quanto a prospettive per lo sport degli scacchi in Italia : senza un numero adeguato di praticanti che portano interesse dei media, sponsor e denaro liquido, perfino un GM non può seriamente pensare al professionismo, a meno che non sia un top player tra i primi dieci al mondo, o non sia ricco di famiglia.
E già a questo punto mi pare di sentire le obiezioni risentite di alcuni responsabili federali : “Ma come ? Non è vero, i tesserati sono in crescita”.
Non è vero, o meglio, apparentemente i tesserati sono in crescita, ma se poi vai a scavare ti accorgi che diverse migliaia di tesserati sono semplicemente bambini delle scuole elementari o medie, che sono stati fatti partecipare a qualche torneo scolastico e sono stati tesserati “obtorto collo”.
Poi di solito quei bambini nel 90% e oltre dei casi giocheranno solo un torneino scolastico o due, e poi non toccheranno più gli scacchi, quindi è del tutto arbitrario aggiungerli al numero dei veri scacchisti praticanti.
In tal modo, con un po’ di maquillage sui dati del tesseramento, è facile gonfiare le cifre, e far credere che i tesserati siano in crescita.
Mentre invece è vero proprio il contrario : in Italia sempre meno scacchisti frequentano i circoli, e sempre meno scacchisti praticano con una certa assiduità e stabilità i tornei.
Quindi, anche se in apparenza i tesserati oggi sono circa 14.000 e 30 anni fa erano meno (ma anche la popolazione era inferiore), nella sostanza non è cambiato nulla, non c’è stata una vera crescita.
E ciò – attenzione – non perché gli scacchi non attraggano e abbiano perso il loro fascino millenario, come dimostra ad esempio il fatto che il gioco in rete è in crescita esponenziale, e moltissimi appassionati dedicano parte del tempo libero a giocare a casa e tra amici, o a seguire partite di scacchi dei tornei più importanti.
Ma se i giocatori sommersi (diciamo così) sono almeno 15 o 20 volte tanto il numero dei praticanti assidui, i motivi sono molti.
Ma tra i molti motivi, uno dei più importanti, quello che tutti negano, o fingono di non vedere, è dato dal fatto che purtroppo imperversano i frustrati repellenti, coloro che ammorbano e fanno scappare i nuovi giocatori.
E attenzione.
Qui si parla di ambiente, che è costituito principalmente da una mentalità diffusa, da un modo tipico e generale di comportarsi, al di là dei singoli individui presi uno per uno, e delle percentuali.
Per essere più chiara : è un po’ come se qualcuno di voi fosse un insegnante di scuola, e dovesse esprimere un giudizio su una classe nella quale ci fossero 4-5 bulletti che disturbano sempre.
Poco vi importerebbe se gli altri 15 ragazzini fossero educati e studiosi.
Alla fine il vs. giudizio su quella classe sarebbe negativo, perché sicuramente anche una minoranza di 4-5 teppisti che disturbano sistematicamente le lezioni renderebbe esasperante ed estremamente penoso insegnare.
E poco importa se voi (ed io) conoscete alcuni giocatori simpatici, equilibrati, cordiali e gradevoli da frequentare.
Ma se poi – come accade – chi riesce ad imporsi, nei circoli, a livello dirigenziale, tra giocatori, istruttori, organizzatori, sono spesso degli squilibrati, frustrati e arroganti, allora alla fine non ci si può stupire se moltissimi neofiti che mettono piede nell’ambiente scacchistico poi nel giro di poco tempo lo abbandonano, e le percentuali di giocatori attivi sono sempre da prefisso telefonico.
E’ un po’ – se ci pensate – come il principio della resistenza alla trazione di una catena, che è data proprio dal suo anello più debole, non già da quello più forte.
L’ho detto e ripetuto più volte: per capire cosa non va , occorre sentire cosa hanno da dire coloro che hanno smesso di giocare, NON coloro che giocano ancora.
(1 – continua)