Ita(g)lia,che fare ?

Pubblicato il 17 Gennaio 2008 da Veronica Baker


Ita(g)lia, che fare ?

Secondo i dati annuali pubblicati  dalla Heritage Foundation, l’Italia retrocede ancora nella classifica dei paesi con minore libertà economica.
Figura al 64mo posto (era al 60mo posto un anno fa e al 42mo nel 2006), preceduta anche da paesi in via di sviluppo.

L’Italia è classificata al sessantaquattresimo posto (libera al 62,5%), con un punteggio dello 0,2 peggiore rispetto al 2007.
Prima dell’Italia, anche Albania (56), Bulgaria (59), Arabia Saudita (60), Belize (61) e Mongolia (62).

L’indice stima il grado di libertà economica, considerata come assenza di ostacoli da parte dello stato all’agire individuale, attraverso dieci parametri : libertà imprenditoriale ; libertà di scambio ; libertà fiscale ; libertà dallo stato ; libertà monetaria ; libertà d’investimento ; libertà finanziaria ; diritti di proprietà ; libertà dalla corruzione ; libertà del lavoro.

Tali parametri si concentrano sia su fattori macro-economici, sia su indicatori che consentano di stabilire la facilità o la difficoltà di aprire e gestire un’attività economica.

Questa la classifica della top ten della libertà economica nel mondo e la posizione degli altri grandi Paesi industrializzati :

  1. Hong Kong
  2. Singapore
  3. Irlanda
  4. Australia
  5. USA
  6. Nuova Zelanda
  7. Canada
  8. Cile
  9. Svizzera
  10. Regno Unito

Altri : 17.Giappone, 23.Germania, 31.Spagna, 46.Israele, 48.Francia, 53.Portogallo, 64.Italia, 74.Turchia, 80.Grecia, 126.Cina .

Per la classifica completa : http://www.heritage.org/Index/countries.cfm

La domanda che ci si pone a questo punto è chiara : quale direzione dobbiamo prendere per poter aspirare a tornare fra i grandi del mondo ?

Dai numeri di questa classifica spicca su tutto un fatto incontrovertibile : ai vertici della classifica ci sono stati che hanno tasse minime ed una struttura burocratica minima, dove i singoli cittadini, in base alle loro capacità ed alla loro specializzazione, indirizzano le loro energie nel modo migliore e più efficiente possibile.

Le motivazioni principale per cui le grande industrie delocalizzano e non sono competitive sono proprio la elevata tassazione e la notevole burocrazia.

I cosiddetti piani industriali, tanto publicizzati ed osannati in passato, non sono solamente inutili,ma assolutamente dannosi, visto che, perlomeno qua in Italia, sono stati la causa dello spreco di una grande quantità di quattrini.

Ho l’impressione che non ci stiamo globalmente rendendo conto dei cambiamenti mondiali.
Non abbiamo la più pallida idea di cosa significhi “retrocedere” economicamente.

Non immaginiamo lontanamente una condizione di vista assai diversa da quella di oggi.
Per cui siamo totalmente impreparati a batterci affinchè non si realizzi questa eventualità, rifiutando inconsiamente tale ipotesi, anche se l’evidenza dei fatti ci sta dicendo il contrario.

Inoltre, la sfiducia porta al lassismo più totale.

Purtroppo anche qua è una abitudine tutta italiana quella di arrivare al limite della non sopportazione prima di essere indotti ad una reazione.

Ita(g)lia, che fare ?

Sarebbe molto meglio evitare di arrivare al punto di non ritorno.

Purtroppo ho l’impressione che continueremo a retrocedere piano piano, fino ad arrivare alla inevitabile rottura.
Ma quel momento temo non sia ancora arrivato, anzi ci vorrà ancora un bel po’ di tempo prima che accada.

Anche se la crisi economica internazionale che si sta sviluppando e che sta rapidamente avanzando potrebbe accelerare il movimento in un trend negativo oramai  in atto da un bel po’ di tempo.

Troppo.


44


Translate »
You cannot copy content of this page